I veli dell’ignoranza

Una delle metafore più conosciute e significative usate per parlare dello stato di “ignoranza” in cui dimora la maggior parte di noi, esseri umani, rispetto alla conoscenza della Vera Natura della Realtà, è senz’altro quella derivata dalla Tradizione spirituale orientale, che descrive i “veli che ricoprono e nascondono” la Verità, impedendone la visione.

Prendendo spunto da questa espressiva metafora, vorrei provare a descrivere come, a volte, accada che i veli dell’ignoranza si sollevino o si lacerino (sempre secondo l’immagine metaforica), permettendo alla luce della Verità di rivelarsi allo sguardo del ricercatore.

Il primo strato di “copertura” si solleva nel momento in cui si comprende di non essere ciò che si è sempre creduto di essere, quando, cioè, si riconosce, solitamente grazie alle indicazioni di qualcuno che lo ha già riconosciuto, di non essere un pensiero, di non essere un’emozione, di non essere una sensazione fisica, di non essere una percezione sensoriale, ma di essere, piuttosto, ciò che di tali “oggetti” è consapevole, ciò che li conosce, che si accorge del loro sorgere e del loro cambiamento, ciò che rimane sempre presente a testimoniare quando un pensiero arriva, poi cambia o si dissolve, un’emozione viene provata, poi si trasforma o finisce, una sensazione si manifesta, poi si modifica o svanisce, ad una percezione sensoriale ne segue un’altra.

Il primo “svelamento” accade, quindi, con la realizzazione di essere la Consapevolezza che vede e conosce ogni pensiero, ogni emozione, ogni sensazione fisica, ogni percezione sensoriale e che tale Consapevolezza, pur essendo tutt’uno con gli oggetti che conosce, non coincide con essi: quando un pensiero, dopo essere comparso, se ne va e ne sopraggiunge un altro, quando sorge un’emozione e poi si dissolve, lasciando il posto ad un diverso stato d’animo, quando avvertiamo una brezza di vento leggero che passa sulla pelle e ci rinfresca, quando udiamo un suono che poi si affievolisce fino a sparire, ciò che di quei pensieri, di quelle emozioni, di quelle sensazioni, di quelle percezioni è consapevole, rimane presente ad assistere al loro sorgere e al loro dissolversi, senza sparire con loro.

Quel qualcosa, qualunque cosa sia, che è consapevole di tutto quello che accade, è ciò che chiamiamo “io” e che, fino a quando non indaghiamo più attentamente, identifichiamo erroneamente con la mente e con il corpo, coprendo, con il “velo” di questa falsa identificazione, la Natura della nostra Realtà.

Spesso si accede al primo fondamentale livello di comprensione, semplicemente ponendosi la domanda “Io sono consapevole?”.

La certezza che accompagna la nostra risposta affermativa ci porta a contatto con la Realtà della nostra Natura essenziale.

Il “sì” che pronunciamo in risposta a tale domanda, sia che sorga immediatamente, sia che giunga dopo un breve intervento della mente, cioè dopo qualche attimo di riflessione,  è assolutamente indubitabile e, pur essendo un pensiero espresso in forma verbale (come ogni parola è), deriva direttamente dalla Sorgente di tutti i pensieri e di tutto ciò che esiste, da Ciò che è sempre presente e consapevole di tutto ciò che accade, dalla nostra vera Realtà.

Il “sì” che pronunciamo senza ombra di dubbio quando ci viene chiesto se siamo consapevoli, proviene da Ciò che è presente e consapevole in questo momento ad ascoltare o leggere queste parole, che era presente stamattina, consapevole dei pensieri che hanno attraversato la nostra mente al momento del risveglio, che era presente e consapevole dei pensieri e delle emozioni che abbiamo provato scartando i regali del nostro decimo compleanno. Potremmo non ricordare quei pensieri e ciò che in quel momento abbiamo provato, a seconda della nostra età attuale, è assai probabile che non li ricorderemo, ma, anche in questo caso, dovrebbe essere presente la piena certezza che la consapevolezza che in quel momento conobbe i nostri pensieri e le nostre emozioni, è la stessa consapevolezza che stamattina si è resa conto dei pensieri e delle sensazioni apparsi al momento del risveglio e che ora conosce queste parole.

Io, in essenza, non sono un pensiero, non sono un’emozione, non sono una sensazione fisica, non sono una percezione sensoriale, la mia Realtà si trova in ciò che di tali “oggetti” è consapevole, che li conosce, ne fa esperienza e che rimane sempre presente ed immutabile ad assistere al loro sorgere, al loro cambiamento, alla loro dissoluzione, al loro continuo movimento.

Il primo passo nel processo di realizzazione della Vera Natura della Realtà si compie quando diventiamo “consapevoli di essere consapevoli”, quando realizziamo di non essere ciò che abbiamo sempre creduto di essere, magari rendendoci contemporaneamente conto di non aver mai realmente indagato su chi o cosa veramente siamo.

A questo primo fondamentale passaggio, segue, solitamente, la fase di esplorazione della natura della Consapevolezza che abbiamo scoperto di essere: ci interroghiamo sulle sue caratteristiche, ci chiediamo che aspetto abbia, di cosa sia fatta, quanto sia grande, se abbia un colore, una forma o qualche particolarità che ci aiuti a comprenderla.

Quasi sempre, dopo aver realizzato di essere Ciò che è consapevole dei pensieri (quindi della mente), delle sensazioni fisiche e delle emozioni (quindi del corpo), delle percezioni sensoriali (quindi del mondo), la nostra attenzione inizia a distogliersi da questi oggetti, da cui fino ad ora è stata costantemente e pressoché esclusivamente attratta e coinvolta, e si rivolge a Ciò che, qualunque cosa sia, di tali oggetti è consapevole, a Ciò che, qualunque cosa sia, ci siamo resi conto di essere.

Questo è il “momento” in cui viene sperimentata l’illuminante impossibilità di trovare ciò che si sta cercando: l’attenzione si rivolge infatti alla Consapevolezza con l’unica strategia di cui dispone, quella, cioè, di identificarne le caratteristiche oggettive, quali forma, colore, dimensione, età, profumo, etc.

Nonostante gli sforzi in tal senso possano anche continuare a lungo, prima o poi apparirà in tutta la sua evidenza, l’impossibilità di trovare caratteristiche oggettive alla Consapevolezza che abbiamo scoperto di essere, e, con tale impossibilità, la definitiva comprensione che Ciò che siamo non ha la natura di un oggetto e, per questo motivo, non può e non potrà mai essere conosciuto (afferrato, compreso, individuato) dalla nostra attenzione, cioè dalla nostra mente, secondo il suo usuale e unico metodo, quello del soggetto che conosce un oggetto con caratteristiche “finite”.

Ora possiamo renderci conto che Ciò che siamo, la Consapevolezza che abbiamo riconosciuto di essere, non possiede i limiti che ogni oggetto, in quanto tale, possiede e, finalmente, siamo pronti per riconoscere che la Consapevolezza che siamo non è “personale”, non è, cioè, “racchiusa” nel nostro corpo e separata dalla Consapevolezza racchiusa negli altri corpi, né è separata dal mondo come, forse senza neanche rendercene conto, avevamo sempre immaginato o creduto.

E’ un po’ come rendersi conto che lo “spazio” racchiuso in un vaso, è lo stesso spazio che si trova anche all’esterno del vaso e che “interno ed esterno” in realtà non esistono.

Grazie a questa comprensione, un altro strato di copertura della Verità si solleverà, un altro “velo d’ignoranza” si dissolverà.

La Luce della Verità, però, si mostrerà in tutto il suo fulgore, soltanto quando verrà pienamente vissuta la totale illusorietà del sé personale, del “vaso” che pensiamo di essere.

La realizzazione di Ciò che veramente siamo, seppure, in un primo momento, possa manifestarsi soprattutto a livello “intellettuale”, per completarsi dovrà trasformarsi in un vero e proprio vissuto (sia pure di attimi “fuori dal tempo”) della “non-esistenza” dell’entità corpo/mente che abbiamo sempre creduto e sentito di essere, con cui ci siamo da sempre identificati.

L’entità corpo/mente che riteniamo reale e con cui ci identifichiamo, in verità è una sorta di “illusione percettiva”: la mente raggruppa pensieri, emozioni, sensazioni fisiche, percezioni sensoriali in un “agglomerato” (l’entità corpo/mente con cui, appunto, ci identifichiamo) che giunge a possedere caratteristiche di coesione e separatezza che, in realtà, non gli appartengono.

Un pensiero sorge, un suono viene udito, un’emozione appare, un formicolio viene avvertito, il flusso della vita è continuo e continuamente mutevole, tutto appare nella Consapevolezza, è percepito, conosciuto dalla Consapevolezza ed è fatto soltanto di Consapevolezza.

Vivere la completa “disidentificazione” dal corpo e dalla mente che abbiamo sempre creduto di essere è un’esperienza “fuori dal tempo”, che, per accadere, generalmente necessita di un graduale processo di “smantellamento” di credenze solidamente costruite (e mai realmente osservate liberi da pregiudizi), di un progressivo riconoscimento dei falsi presupposti su cui abbiamo eretto le nostre certezze.

Perché i veli dell’ignoranza si dissolvano completamente, la realizzazione di Ciò che siamo, dell’unica Realtà esistente, della “illusorietà” del sé personale che abbiamo sempre creduto reale, dovrà essere pienamente vissuta, non soltanto “compresa intellettualmente”, ma potrà essere “preparata” dal costante impegno nello “studio” della nostra esperienza, dall’esplorazione, libera da preconcetti, di ciò che accade di momento in momento nella vita, dal riconoscimento di tutto ciò che abbiamo creduto vero e invece non lo è.

Esiste solo la Consapevolezza (Essere, Assoluto, Supremo, Energia, Dio, Coscienza, Sé Superiore, Uno, Quello, etc. i nomi possono essere tanti, ma conta solo Ciò a cui si riferiscono e che mai potrà essere descritto o definito) e tutto ciò che crediamo possieda un’esistenza reale e separata (gli oggetti del mondo, entità materiali, vegetali o animali, separate da noi stessi, entità corpo/mente) in verità  sono soltanto “apparenze”, forme che la Consapevolezza assume temporaneamente, senza mai diventare altro da se stessa, proprio come le onde non saranno mai altro che oceano.

Monica