Introduzione alla Non Dualità
Il termine “Non Dualità” deriva dalla parola sanscrita “Advaita”, che significa “non due”. Sebbene venga riferito in modo specifico al messaggio centrale di una scuola filosofica indiana fiorita fra il VII e l’VIII secolo D.C. e basata sull’insegnamento del Saggio Shankara, è altresì corretto attribuirlo alla fondamentale comprensione della vera natura della Realtà che, nel corso dei millenni, i Saggi appartenenti alle maggiori tradizioni spirituali (Induismo, Buddhismo, Taoismo, Cristianesimo, Ebraismo, Islam, etc.), hanno riconosciuto e voluto trasmettere.
Tale comprensione afferma che esiste un’unica Realtà, l’Uno senza secondo, l’Essere indivisibile, infinito ed eterno, un’unica Verità, a cui è possibile attribuire molti nomi, ma che non potrà mai essere descritta in modo completo dalle parole.
Tale comprensione sostiene che nulla esiste al di fuori dell’unica Realtà, che non c’è “due”, che non è possibile trovare la Realtà e qualcosa di diverso dalla Realtà, che l’Essere è tutto Ciò che esiste e che “io sono Quello”, che ognuno di noi “é Quello”.
Dopo molti anni di lavoro come psicologa e psicoterapeuta, sono arrivata alla convinzione che la condizione di serenità psicologica, equilibrio e felicità ricercata universalmente da ogni essere umano possa essere acquisita soltanto grazie a una effettiva accettazione di sé e degli eventi della vita per come si manifestano.
E’ importante rendersi conto però che tale accettazione non è ottenibile attraverso un atto di volontà, ma rappresenta il prezioso frutto di un lavoro di conoscenza di sé stessi, della vita, del mondo, per ciò che realmente sono. In altre parole, sono convinta che la totale accettazione di sé da cui dipende il proprio equilibrio e benessere psicologico, può essere ottenuta soltanto dalla scoperta della Verità, dallo svelamento del reale funzionamento della vita, dal riconoscimento dei falsi presupposti su cui si fonda la nostra distorta comprensione della realtà e su cui si costruisce l’identificazione con una entità personale che non corrisponde a ciò che veramente siamo.
Il mio percorso di ricerca è iniziato molto presto: ero ancora una bambina quando guardavo incantata il cielo stellato chiedendomi come potesse esistere e chi avesse creato tanta misteriosa bellezza, quando la vita di Gesù di Nazareth mi sembrava la più appassionante delle storie da ascoltare e quando la mia insaziabile curiosità verso tutto e tutti faceva interrogare i miei genitori (così ancora oggi mi racconta mia madre) sull’origine della socievole indipendenza che mi caratterizzava. Dopo mezzo secolo di ininterrotta esplorazione, l’approdo nel territorio della visione non-duale e la conseguente, progressivamente consolidata, comprensione della Realtà, hanno saziato, come mai prima, la mia sete di ricerca . Le domande hanno gradualmente trovato le risposte che tanto a lungo avevo cercato. L’indagine non-duale mi ha permesso di capire, in modo tanto sorprendente quanto chiaro e definitivo, che non ero ciò che avevo sempre creduto di essere, che la mia natura, la mia essenza, la mia vera identità, non erano “personali” ma universali, ed erano quella pace, quell’amore, quella serenità, quella bellezza, quel senso di completezza, che da sempre stavo tentando di trovare.
Dopo che tale comprensione si è fatta strada e si è stabilizzata, il mio modo di guardare l’universo, di vivere la mia esperienza e di svolgere il mio lavoro è inevitabilmente cambiato. Mentre tutto è andato avanti nella mia vita senza che nulla apparisse diverso, il progressivo dissolversi delle nebbie “dell’ignoranza” (con questo termine viene definito, in campo spirituale, lo stato in cui si trova chiunque viva la forte identificazione con il corpo/mente) ha profondamente modificato il mio modo di vedere il mondo, me stessa e gli altri.
Da qualche tempo mi ritrovo sempre più spesso a parlare di questa nuova comprensione anche con le persone che incontro nel mio studio. Accade senza che lo abbia precedentemente stabilito e ogni volta accolgo con stupore e gratitudine la speciale atmosfera che si crea nella stanza: difficile spiegare la sensazione di trovarmi ad “assistere” a qualcosa che, in tempi precedenti, avrei individuato come il risultato di una mia scelta operativa e che ora riconosco come una semplice espressione della vita, così come lo è un suono, il volo di un gabbiano, un colpo di tosse, un abbraccio. In questo caso, la vita si esprime attraverso un dialogo intenso e significativo fra due persone (una delle due sono io), che produce una vibrazione energetica leggera e vitale, quasi sempre avvertita come un confortante allentamento di tensione corporea, un piacevole rilassamento di zone contratte che procura sollievo da ansia e preoccupazione. E io mi ritrovo attrice e spettatrice di tutto questo. Parlare alle persone della loro reale “identità” non deriva da una decisione “personale”, semplicemente accade come ogni evento della vita e ciò che in me è sempre presente ad osservare ogni manifestazione della vita, è presente e osserva anche il dialogo che avviene tra le “mie” parole e quelle di un’altra persona.
Non so se questa descrizione potrà risultare del tutto chiara o comprensibile, ma non trovo altro modo per provare a sintetizzare i motivi per cui mi sembra importante offrire alle persone, soprattutto se in stato di sofferenza psicofisica, una guida per indagare la loro vera natura e giungere così al riconoscimento di ciò che sono, della vera natura del Reale.
La visione della Non-Dualità ha rappresentato per me quella guida.
La chiarezza e il sostegno che ne sono derivati hanno prodotto un cambiamento così profondo e rasserenante nel mio modo di vedere e affrontare la vita, da generare il desiderio di condividere ciò che ho compreso, nella speranza che per qualcuno possa rappresentare lo stesso tesoro che si è rivelato per me.
Monica
7 aprile 2018 @ 6:04
Sentimenti misti e contrapposti affiorano, figli forse di comprensioni parziali: gioia e consolazione da un lato se lascio prevalere la fiducia; protesta e rabbia dall”altro se considero che in realtà molte esperienze della vita sono assai dolorose e persino distruttive. Il culmine è la morte. Allora mi domando: a chi sono rivolte queste parole? A quale “tu? Evidentemente non all”identità o meglio non ai corpi transitori che sono molte volte quelli vessati, abusati ed oppressi in questa vita; in certa misura asserviti alle esigenze impietose dei piani superiori; corpi da laboratorio. Fatico ancora a comprendere forse per paura, per una identificazione con i corpi transitori (disidentificazione potrebbe equivalere ad identificazione col corpo della coscienza?).
14 aprile 2018 @ 19:48
Ciao,
benvenuto.
Quelle che scrivo sono parole che nascono dalla mia esperienza e che non sono rivolte a “qualcuno” in particolare. Si formano e appaiono come appare un suono, la pioggia, il sapore di una mela. Fanno parte dell’accadere della vita e non hanno un obiettivo specifico, se non il piacere della condivisione.
La vita può manifestare aspetti che l’identificazione con un ego personale porta a rifiutare, giudicandoli dolorosi e distruttivi, ma la nostra vera identità, ciò che siamo realmente, infinito ed eterno, è uno con la vita, è la vita stessa che si manifesta in infinite forme, senza preferirne alcune e rifiutarne altre, ma accogliendole tutte e non essendo da esse realmente “toccata”.
11 aprile 2018 @ 10:55
Salve Monica, leggo sempre con molto interesse. Credo di comprendere quanto riferisci della tua esperienza, anche se la mia comprensione potrei dire che è a volte, come dire, di tipo intellettuale. Quello che racconti è molto bello, non nego che a volte qualche tentativo, goffo, lo faccio pure io, ma dall’altra parte scorgo visi increduli, poco convinti, per non dire altro. Perché se hai “toccato” la vera Realtà è chiaro che vuoi condividerla. Il mio pensiero è che ognuno di noi ha un proprio percorso, nel caso mio penso che la comprensione è stata favorita dalla meditazione, anche se da autodidatta. Mi sembra che sia difficile raggiungere l'”illuminazione” senza un percorso che preveda una qualche forma di meditazione. Che ne pensi? Al prossimo post.
1 maggio 2018 @ 17:00
Caro Giovanni,
grazie per il tuo commento e scusami per il ritardo della risposta, ma in questi ultimi giorni sono stata impegnata con il lavoro e non sono passata “di qui”. Sono d’accordo con te, ognuno ha un “percorso” particolare per giungere al riconoscimento della propria reale identità ed è proprio per questo motivo che non ritengo sia corretto affermare la necessità di “qualche pratica” per raggiungere tale riconoscimento, sia essa meditazione, o preghiera, o escursione in montagna, o assunzione di sostanze stupefacenti, o incontro di lotta libera, o qualunque altra attività del genere umano. Siamo sempre stati e saremo per sempre l’unica Realtà, riconoscerlo può accadere in tanti modi, in qualsiasi momento, ma non dipenderà dal mettere in atto oppure no una pratica specifica. Anche se potrebbe apparire così. Se ti piace meditare Giovanni fallo tranquillamente, ma non per “ottenere” qualcosa da quel tipo di attività. Non c’è nulla che dobbiamo realmente raggiungere o ottenere. Il riconoscimento della Realtà non è qualcosa che può “fare” l’ego (che non ha una reale esistenza), ma soltanto qualcosa che può accadere per Grazia. Nel frattempo ti invito a fare ciò che più ti piace, che ti fa stare bene, che senti attraente, sia esso meditare, leggere libri sulla Non Dualità, dipingere o guardare una partita di calcio. La “meditazione” è presente e accade ogni volta che osserviamo senza giudizio e accogliamo le infinite forme della vita riconoscendo di esserne totalmente uniti, di essere uno con loro, di essere sempre e soltanto “Quello” in cui e da cui tutto emerge e che tutto conosce.
Grazie per il tuo interesse.
Spero tu possa continuare anche in futuro a seguire il blog e a esprimere liberamente i tuoi graditi contributi.
Un caro saluto
Monica
30 aprile 2018 @ 6:16
Non ci sono alcune implicazioni necessarie nella liberazione, e cosi ogni possibilita puo succedere. Se non potesse, non sarebbe liberazione ma sarebbe reclusione. Tuttavia, questo ri-modellamento della psiche spesso determina una visione radicalmente trasformata della realta.
1 maggio 2018 @ 17:01
Totalmente d’accordo con te. Grazie per il tuo contributo.
2 dicembre 2018 @ 13:52
Sono un vecchio fisico che ha passato la vita a raccontare come è fatto e come sì è formato l’universo che abitiamo. Ho raccontato i paradossi della meccanica quantistica e le stranezze della relatività, dello spazio e del tempo. Tutta la fisica si basa su un presupposto che preclude la possibilità di giungere a quella teoria del tutto che molti stanno cercando: la divisione della realtà (l’universo) tra osservatore e osservato. I fisici oggi parlano tranquillamente di un io personale (l’osservatore appunto) in grado di operare delle scelte e agire in base ad esse, ma non dicono chi o cosa esso sia. In futuro forse una nuova fisica non duale chiarirà molti dei misteri che oggi avvolgono la conoscenza della realtà. L’idea (vecchia di qualche millennio) che il sè e il libero arbitrio siano solo illusioni prodotte dal nostro cervello, idea oggi ampiamente dibattuta in filosofia e psicologia, non trova spazio in fisica (se non in qualche mente illuminata).
Complimenti per il blog che affronta con pacatezza e saggezza uno degli argomenti più difficili e ostici di cui si possa parlare.
Marco
14 dicembre 2018 @ 16:47
Grazie di cuore per il tuo contributo Marco e scusa per il ritardo con cui ti invio queste righe.
La tue parole sintetizzano con lucidità e saggezza la fondamentale questione sulla reale identità dell’essere umano, aiutandoci a capire che la fisica non ha ancora risposte chiare, né tanto meno definitive, al riguardo.
Ricevere l’apprezzamento di uno scienziato è gratificante e confortante.
Grazie davvero.
Monica
28 dicembre 2022 @ 14:00
Ciao, io sto facendo un percorso psicologico per conoscermi, essere aiutata ad accettare le difficoltà che non si possono cambiare. In questo percorso sto cercando di accettarmi, sto imparando a non giudicarmi e a non giudicare (ma che fatica…). La mia psicologa però, quando parlo di ricerca di senso delle cose che succedono, mi dice che il lato spirituale non compete a lei. È come se mi mancasse una parte importante x comprendere e accettare quello che succede, con uno sguardo che si allunga sulle esistenze precedenti. Volevo condividere con te questa cosa. Che fare? Cercare uno psicologo “spirituale”?