Invecchiare
Invecchiare è sicuramente una faccenda difficile per molti, se non per tutti.
Mi sono convinta che la ragione fondamentale di questa difficoltà derivi dal fatto che ad invecchiare non sia la la nostra Essenza, ciò che veramente siamo, ma il corpo e la mente con cui ci identifichiamo, pur non essendo la nostra Realtà.
Non esiste alcun dubbio che il corpo invecchi e che la stessa sorte tocchi alla mente, anche se in molti casi, grazie al Cielo, in modo meno appariscente.
Chi, come me, ha raggiunto una certa età, si trova di fronte a queste indubitabile certezze, soprattutto per quanto riguarda il corpo, ogni volta che incontra la sua immagine in uno specchio.
Invito ognuno di voi, soprattutto chi ha oltrepassato la soglia dei quarant’anni, a riflettere per un momento sull’esperienza di frustrazione e spiacevolezza che spesso si prova quando, osservando il riflesso del viso nello specchio, si notano rughe che fino a poco tempo prima non esistevano, si prende atto della perdita di elasticità e compattezza della pelle, si vedono i capelli ingrigirsi, indebolirsi, diradarsi. Mi rendo conto di descrivere un’esperienza condivisibile soprattutto dalle persone che hanno già accumulato parecchi anni di vita, ma anche per gli altri credo che la riflessione su questo tema possa rivelarsi importante.
Siete d’accordo con me quando affermo che l’immagine riflessa dallo specchio, mano a mano che il tempo trascorre, non corrisponde alla “reale” percezione che abbiamo di noi stessi?
Non è forse vero che se, per incanto, potessimo non tenere conto dell’immagine che vediamo riflessa, se riuscissimo a non avvertire la perdita di elasticità delle nostre articolazioni e della forza dei nostri muscoli, in altre parole, se ci fosse concesso di trascurare la condizione di invecchiamento del nostro corpo, sarebbe naturale e spontaneo per ognuno di noi affermare di “sentirci” identici a quando avevamo 10, 20, 30, 40 e così via, anni?
La considerazione che vi invito a compiere ha principalmente l’obiettivo di raggiungere un contatto consapevole con il senso di esistenza e di presenza che, pur essendo la nostra più indubitabile Realtà, spesso, per non dire sempre, trascuriamo.
Inspiegabilmente, nessuno ci insegna a portare l’attenzione su ciò che è sempre presente nella nostra esperienza, su ciò che non cambia mai, che rimane esistente, “conoscente” e sempre identico, in qualsiasi momento del nostro apparente percorso nel tempo.
Quel senso di presenza, di esistenza, di “essere vivi”, quel “qualcosa” che ci farebbe rispondere immediatamente e senza esitazioni “sì” se qualcuno ci chiedesse “tu esisti?”, quel “qualcosa” sempre presente e consapevole, non invecchia, non è soggetto a cambiamento nel tempo, non si modifica strada facendo. E’ lo stesso “qualcosa” che era presente e consapevole quando abbiamo soffiato sulle candeline della nostra torta a 6 anni, quando abbiamo dato il nostro primo bacio, quando abbiamo guidato la macchina per la prima volta, quando abbiamo fatto il nostro primo viaggio all’estero, e in ogni momento della nostra vita.
Quel “qualcosa” è la nostra reale Essenza, è Ciò che siamo veramente, e non ha limiti nel tempo e nello spazio, non vive in essi.
Dirigere l’attenzione verso il “qualcosa” che siamo, non è scontato, perché l’attenzione è una funzione della mente e, come tale, sa conoscere soltanto oggetti limitati, definiti. Ciò che siamo, però, non ha caratteristiche oggettive, in altre parole non ha forma, non ha peso, non ha colore, non ha odore, non ha età. Per questo la mente non si sofferma facilmente su “qualcosa” che non può e non potrà mai “conoscere”.
La nostra reale Essenza, l’unica reale Essenza esistente, non è conoscibile dalla mente, che, proprio come il corpo, di quell’Essenza è una forma transitoria e limitata, con un inizio, una durata soggetta a deterioramento e una fine.
Il corpo e la mente sono paragonabili alle “forme transitorie” dell’oceano che chiamiamo onde e che, pur sembrando esistere separatamente, con un inizio, una durata e una fine, in realtà non sono mai, realmente, altro che oceano.
La mente è in grado di conoscere solo gli oggetti limitati, le forme transitorie dell’unica Realtà esistente.
La mente, essa stessa oggetto transitorio, non potrà mai conoscere la sua Sorgente e Sostanza, pur non essendo mai altro che quella Realtà e pur potendo dissolversi in Essa (come un’onda che, dissolvendosi, si accorge di non essere mai stata, in essenza, altro che oceano).
Esiste un’unica Realtà, da cui emergono tutte le forme transitorie che, solo apparentemente, nascono, vivono, invecchiano e muoiono.
Siamo questa Realtà anche quando non lo riconosciamo e ci identifichiamo con una sua forma temporanea, il corpo/mente, soffrendo, in questo modo, per il suo invecchiamento e la sua fine.
L’invecchiamento del corpo/mente ci costringe al confronto con un’esperienza complessa, di difficile accettazione perché di difficile comprensione, e proprio per questo preziosa: il tempo che passa ci obbliga alla riflessione sul vissuto di estraneità rispetto a un corpo che invecchia e dal quale ci sentiamo “lontani”, “diversi”.
La nostra Essenza, Ciò che veramente siamo e che tutto è, non nasce, non invecchia, non muore.
La mia ipotesi è che sia proprio questo il motivo per cui invecchiare ci sembra quasi “irreale” e spesso difficile; per cui a cinquanta, sessanta, settanta, ottanta, novanta, cento anni, avvertiamo sempre più chiaramente che una parte di in noi, quella che sentiamo più vera e sempre presente, non è mai veramente invecchiata ed è esattamente identica a quando di anni ne avevamo cinque, dieci, venti, trenta, quaranta.
Ho parlato di invecchiamento e ora mi rendo conto che, in termini pressoché identici, avrei potuto parlare di malattia.
Certamente scriverò ancora su questo tema, ma fin da ora penso sarà facile per voi comprendere cosa intendo, semplicemente sostituendo o affiancando al termine invecchiamento (e a ciò che ho cercato di esprimere in questo scritto sull’esperienza che descrive), il termine malattia.
Mi fermo qui, con la speranza che quanto detto possa rappresentare uno spunto di riflessione utile per progredire nel riconoscimento della Realtà e possa stimolare eventuali riflessioni, dubbi o domande che ascolterò con grande piacere.
Un abbraccio
Monica
19 marzo 2017 @ 21:32
ciao Monica,
che curiosa coincidenza che sia tornata a dare un occhiata al tuo sito proprio oggi, quando hai pubblicato un nuovo post
Bello, molto bello, Monica.
Tra l’altro l’argomento mi tocca molto da vicino, il tempo che avanza e la malattia spesso vanno a braccetto e gli spunti di riflessione che dai sono un balsamo per l’anima.
Grazie
un bacio
lara
20 marzo 2017 @ 9:54
Cara Lara,
anch’io trovo bella e “magica” questa nostra sintonia. Essere “Uno” ogni tanto appare con estrema ed entusiasmante evidenza.
Grazie per il tuo apprezzamento e sostegno. Sono preziosi.
Ti abbraccio con affetto.
Monica
26 aprile 2017 @ 17:22
Cara Monica,
ho scoperto solo ieri il tuo blog. L’ho letto con interesse. Conoscevo già questi argomenti e questo mi ha permesso di leggere il tutto in breve tempo, perchè, in condizioni normali, si tratterebbe di una lettura tutt’altro che facile. Certamente conosci già il libro “Vita Impersonale. Io Sono” del Conte di Saint Germain, pubblicato da Edizioni del Cigno.
Che dire? Condivido per l’essenziale quanto dici, anche se rilevo una nota di tristezza nella parte finale. Come tu giustamente dici, l’invecchiamento è una componente della personalità e, come tale, non dovrebbe essere motivo di tristezza. E tieni presente che ciò è detto da uno che l’anno prossimo compirà 70 anni. Credo che il vero motivo della tristezza sia il rendersi conto di quanto poco la conoscenza individuale possa agire sull’umanità. La domanda che mi sono posto e che pongo anche a te è proprio questa: come mai ciò avviene?
La mia risposta, se posso esprimermi in termini figurati un po’ forti, è che la “bestia” in noi (la malattia dell’Essere) si manifesta tanto interiormente quanto esteriormente. Nel nostro sistema culturale, ma anche politico, la componente interiore ci impedisce di portare a coscienza quella esteriore perchè, se lo facessimo, dovremmo conseguentemente mettere in discussione il sistema di vita, soprattutto quello esteriore, e ciò comporterebbe dei cambiamenti non da poco. In altre parole quello che voglio dirti è che l’Io Sono non può giungere a piena coscienza se l’individualità non forza la personalità a prendere coscienza anche del problema sociale.
Se lo desideri, fammi avere una tua risposta in proposito, o sul tuo blog, o anche direttamente per e-mail. Tanti cari saluti.
Maurizio
30 aprile 2017 @ 13:42
Caro Maurizio,
innanzitutto scusami per il ritardo con cui ho approvato il tuo commento. Da qualche giorno non “passavo” dal blog e non mi ero resa conto della tua condivisione.
Volevo farti arrivare subito il mio grazie, ma anche rimandare di qualche ora la mia risposta al tuo stimolante commento, visto che ora non posso fermarmi. Conto comunque di risponderti in giornata.
A dopo allora.
Un abbraccio
30 aprile 2017 @ 17:15
Eccomi Maurizio,
scusami ancora per il ritardo!
Ho letto il testo che citi molti anni fa, quando la mia ricerca non era ancora approdata al messaggio della Non Dualità trasmesso in modo “diretto”, secondo il fondamentale insegnamento di Ramana Maharshi, che sicuramente conoscerai. Credo di avere il libro del Conte di Saint Germain da qualche parte e proverò sicuramente a cercarlo per rileggerlo oggi, con il diverso livello di comprensione raggiunto.
Mi dispiace che tu abbia colto principalmente “tristezza” nell’articolo che ho dedicato all’invecchiamento del corpo/mente, perché la mia intenzione (quella che anima praticamente ogni articolo di questo blog) era piuttosto quella di portare l’attenzione sulla serenità che deriva dal riconoscimento della nostra infinita ed eterna Realtà essenziale, su Ciò che siamo anche quando non ce ne rendiamo conto e viviamo totalmente identificati con la dimensione delle forme mutevoli e finite.
Venendo alla riflessione a cui hai voluto invitarmi caro Maurizio e di cui ancora ti ringrazio, credo sia importante, per provare a comprenderci, chiarire il punto da cui nascono le rispettive considerazioni.
Per quanto mi riguarda, il presupposto è quello di aver riconosciuto “l’individuo” come un’illusione, parte del gioco delle forme, a cui appartengono anche tutti gli stati emotivi quali tristezza, rabbia, disgusto, gioia, entusiasmo, etc.
La comprensione che si è fatta strada in me e da cui non posso più prescindere, ha permesso il riconoscimento di ciò che gli orientali chiamano “Lila”, il Gioco della Coscienza, la dimensione “illusoria” della Realtà, il suo “sogno”, in cui ogni forma prende vita e si dissolve, apparendo diversa e separata, ma senza in realtà essere mai altro che Coscienza (Essere, Uno, Dio, Energia, Sé, etc. qualunque termine si voglia usare per definire l’indefinibile e unica Sostanza del tutto).
Ciò che accade nel sogno sarà sempre totalmente “indifferente” per la Coscienza, non la “toccherà” mai realmente (un po’ come accade per i sogni notturni che, per quanto terribili possano essere, non avranno mai reali conseguenze sulla coscienza del sognatore)
Soltanto per un personaggio del sogno, convinto di avere un’esistenza reale, potranno esserci preferenze rispetto a ciò che accade.
L’ego avrà sempre preferenze, desidererà sempre essere allegro piuttosto che triste, sano invece che malato, giovane invece che vecchio, ma la tristezza, la malattia, la vecchiaia sono un reale “problema” soltanto per lui, se e quando vuole sentirsi diversamente (il che, quando si è totalmente identificati con la dimensione delle “forme”, accade praticamente sempre).
Anche dopo il riconoscimento della Realtà, cioè dello Sfondo consapevole, senza forma e senza limiti, da cui emerge la manifestazione “illusoria” che chiamiamo vita, si ripresenteranno momenti di totale coinvolgimento con gli stati transitori di questa manifestazione legati all’ego (forma fra le forme), quali emozioni, pensieri, sensazioni, ma, se la comprensione è reale, diverranno di minore durata e sempre meno frequenti.
Partendo da questa comprensione, potrai capire caro Maurizio quanto sia difficile per me seguirti sulla definizione di “malattia dell’Essere”.
Per portare avanti questo “gioco”, il “sonno” è necessario e con esso l’identificazione con una dimensione che è soltanto una “vibrazione” transitoria della Realtà. Più è forte l’identificazione (più è profondo il sonno), più sofferenza si manifesterà, senza che questa rappresenti mai un reale “problema” per la Coscienza in cui tale forma si sta manifestando.
In questo incredibile e meraviglioso gioco, accade anche che la Coscienza si risvegli e ritrovi se stessa, accorgendosi di non essere mai stata altro da Sé.
Non è facile trovare parole adeguate ad esprimere tutto questo. So che la mia è una grande sfida. Ma ho voluto provarci lo stesso, sperando che anche attraverso queste parole, la Coscienza stia indicando una strada per “tornare a casa”.
Spero di risultare almeno comprensibile caro Maurizio, nel caso non lo fossi stata o se volessi approfondire altri punti, non esitare a scrivermi di nuovo. Sarà un grande piacere per me provare a risponderti.
Un caro saluto.
Monica
2 maggio 2017 @ 16:38
Cara Monica,
non conosco nello specifico Ramana Maharshi, anche perchè la mia esperienza si è svolta soprattutto nell’ambito delle vie di conoscenza occidentali. Comunque capisco perfettamente quanto dici e lo trovo logicamente coerente fino ad un certo punto. Del resto ritengo che il punto di partenza sia poco rilevante poichè, quello che conta, è che il cosmo è unico e di conseguenza non ci possono essere due diverse verità. Anche lo stesso Shakespeare, dalla cui commedia “La Tempesta” hai tratto il titolo del tuo blog, non fosse altro che per ragioni geografiche si ricollega ad una via di conoscenza occidentale. Ma, ripeto, il punto di partenza è indifferente.
E’ indubbio che partiamo da un sogno. Poi acquistiamo coscienza del sogno e a quel punto già incomincia il risveglio, pur con tutte le sue ricadute nel corso del tempo che tu descrivi molto bene. Col risveglio prendiamo coscienza dell’Io Sono, che è il Tutto di cui io sono parte e anche tu sei parte. L’Io Sono nel corso della sua manifestazione cosmica si parcellizza in monadi umane, che non a caso sono “a sua immagine e somiglianza”. Io sono una di quelle monadi. Tu sei una di quelle monadi. Il vicino di casa è una di quelle monadi. Lo è anche il rompiscatole che parcheggia la macchina davanti all’ingresso del mio box. Ogni essere umano è una di quelle monadi.
La domanda che occorre porsi a questo punto è la seguente: quelle monadi sono reali o sono solamente parte del mio sogno? Capisci che è una domanda essenziale, la cui risposta è tutt’altro che indifferente. Proviamo con due diverse risposte.
Prima risposta: le diverse monadi umane sono solo parte del mio sogno. Quindi non esistono in realtà. Esisto solo io. Neanche tu esisti (mi dispiace per te!) Ovviamente per te la cosa è ribaltata: esisti solo tu e di conseguenza non esisto io (strano, eppure ero convinto di esserci!) In ogni caso per me esisto solo io. In sostanza mi identifico con Dio, che sogna in me la sua esistenza e, nel sogno, io, che sono Dio, mi illudo di esistere in un mondo in cui esistono altre monadi. Che però in realtà non esistono. Anche quel rompiscatole che parcheggia la macchina davanti al mio box in realtà non esiste. Allora perchè dovrei preoccuparmi per lui o di lui, visto che non esiste? Tanto vale che lo faccia fuori, così non parcheggerà più la macchina davanti al mio box. Oltretutto, visto che non esiste, non si dispiacerà di certo se lo faccio fuori. In compenso io, nel mio sogno, da quel momento in avanti, sognerò più tranquillo perchè non dovrò più fare le gimcane per entrare nel box. In conclusione il problema sociale non esiste. Del resto come potrebbe esistere se esisto solo io? Non esiste il problema sociale per il semplice motivo che non esiste una società. Esisto solo io, che mi identifico con Dio.
Seconda risposta: le diverse monadi umane esistono in realtà. L’essere originario si è effettivamente parcellizzato nella sua esperienza di manifestazione in entità individuali distinte, una delle quali sono io, un’altra sei tu, un’altra (purtroppo!) il rompiscatole che parcheggia davanti al mio box. Volente o nolente devo tenerne conto. O lo convinco a non parcheggiare davanti al mio box, o devo rivolgermi all’amministratore, o devo chiamare la polizia, o devo votare un partito politico che mandi i vigili a dare le multe, o … Insomma, esiste un problema sociale che, volente o nolente, devo affrontare. Forse era meglio con la prima risposta, in cui esistevo solo io e potevo fare quello che volevo. Ma che noia!
La prima risposta filosoficamente si chiama solipsismo assoluto. Per certi aspetti è piuttosto comodo. Peccato che le cose non stiano così! Però, a ben vedere, ci sarebbe un’altra soluzione! Anche se so che il solipsismo assoluto è falso, potrei far finta che sia vero. Potrei far finta di crederci! Per quanto riguarda il rompiscatole che parcheggia davanti al box, non mi servirebbe gran che, ma per quanto riguarda altre cose, sì. Per esempio, se faccio il politico di mestiere e, di tanto in tanto, derubo i miei concittadini, potrei continuare a rubare impunemente senza farmi tanti scrupoli di coscienza. Perchè mai dovrei preoccuparmi dei miei concittadini, dal momento che non esistono? Quindi ben venga il solipsismo assoluto! Magari non è proprio del tutto vero, però è senz’altro comodo. Viva il solipsismo assoluto! Facciamo finta che sia vero.
Ma far finta che sia vero non è ricadere nel sogno? E se è ricadere nel sogno, significa che non mi sono veramente svegliato! Allora continuo a sognare e, nel mio sogno, ho avuto un barlume di risveglio, ma poi mi sono girato dall’altra parte e ho detto: lasciatemi dormire perchè è molto più comodo che svegliarsi. E qui ritorniamo al punto di partenza. Ecco perchè, cara Monica, nel mio precedente intervento ti parlavo della “bestia” che è in noi. Ed ecco perchè ti dicevo che non si può veramente giungere a prendere coscienza dell’Io Sono se non si affronta nel contempo il problema sociale.
Insomma, il punto cruciale è tutto qui: le monadi umane sono reali o sognate? Il dibattito può continuare. In filosofia se ne parla da secoli. Ci sono prove anche più serie delle mie precedenti ironiche considerazioni. E poi ci sono molti altri aspetti del problema, ma la questione è tutta qui. Per dirla con Shakespeare: «To be or not to be? That is the question.» Tanti cari saluti.
Maurizio
2 maggio 2017 @ 19:55
Caro Maurizio,
ho cercato di seguire il tuo articolato discorso, ma non sono sicura di aver compreso completamente il tuo punto di vista.
Rileggerò con calma, ma posso dirti fin da ora che la discussione sulla dimensione della manifestazione non ha più grande importanza per me. Posso certamente ritrovarmi triste o arrabbiata con i vicini rumorosi che abitano sopra di me, ma provare rabbia, o tristezza o qualsiasi altro sentimento, non mi impedisce di rimanere in contatto con l’unica Realtà sempre presente, lo sfondo senza forma, silenzioso e pacifico da cui emergono tutte le forme e che rappresenta la nostra vera Essenza.
Evidentemente nel sogno, i personaggi e le loro interazioni, così come ogni altra forma appartenente al sogno, sono soggetti alla “logica” e alle “leggi” del sogno. La scienza (anche quella sociale) si occupa dei “fenomeni” e continuerà a farlo.
Ma il risveglio dal sogno significa, per quanto mi riguarda, realizzare che niente della ” dimensione onirica chiamata vita” possiede l’esistenza di cui ero convinta finché mi trovavo addormentata. Il mio stesso “personaggio” non ha quella realtà.
Questo certamente non significa che, risvegliandosi “nel” sogno”, il sogno si interrompa o che, a quel punto, nel sogno valgano “leggi” diverse.
Le “monadi umane” come le definisci, sono, dal mio punto di vista, il prodotto della identificazione con l’entità corpo/mente, un’identificazione creduta e vissuta. Se c’è identificazione con tale entità individuale c’è sonno. Se avviene il riconoscimento che quel “me” che pensavo di essere è una forma fra le forme e che l’unica Realtà da cui tutte le forme nascono, non nasce e non muore, non ha qualità oggettive, non ha limiti, l’identificazione con il sé personale e separato (la monade individuale) inizierà a dissolversi.
Tutto ciò che appartiene al sogno è sia reale (non esiste altro che la Realtà), sia illusorio, proprio come si direbbe del sogno notturno o dell’ombra.
Come vedi abbiamo visioni diverse sul “punto cruciale” da indagare, forse perché, come ipotizzavo, le rispettive comprensioni stanno procedendo diversamente.
Rileggerò il tuo approfondito commento di cui ti ringrazio molto e sicuramente aggiungerò ulteriori riflessioni se sentirò il desiderio o il bisogno di farlo.
Ti invito a fare altrettanto.
Per ora mi fermo qui.
Grazie e ancora cari saluti.
Monica
5 maggio 2017 @ 18:43
Mi inserisco nella vostra bella discussione provando ad esprimere il mio pensiero riguardo a quanto diceva Maurizio che si interroga sulla realtà o meno delle monadi umane. Si chiede se sono reali o se appartengono al proprio sogno.
Io direi che nel momento che viene realizzato che tutto sta accadendo nella coscienza la domanda cade…..si dissolve perché in effetti, tutte le possibili valutazioni in termini di scelta sul come idealmente comportarsi nei confronti dell’altro monade evidenziate dalle due ipotesi filosofiche non sono altro che congetture che appaiono nella coscienza al pari di qualsiasi altro oggetto materiale o immateriale.
E’ sempre il ME che si ritiene separato dalla vita che crede di poter interagire in qualche modo proprio perché si sente un entità separata dalla totalità e la vorrebbe perfezionare a suo piacimento…togliendo qualcosa o aggiungendo qualcos’altro, ma è la vita che sta accadendo.
Sarebbe come chiedersi se i personaggi del sogno che facciamo mentre dormiamo sono reali oppure no. Nel momento che realizziamo che il sogno è un SOGNO tutto ciò che vi appare ha la natura del sogno.
5 maggio 2017 @ 23:52
Ciao Lara,
grazie per il tuo commento.
Lo condivido nella sua totalità, in quanto comunica una comprensione della Realtà che, con parole diverse, anch’io ho cercato di esprimere nelle risposte a Maurizio.
La speranza è che, grazie anche al tuo contributo, l’intenzione e l’essenza del messaggio possano risultare più chiare.
Un abbraccio
24 maggio 2017 @ 15:09
Ciao Monica,
ho scoperto, questa mattina, il tuo blog ed è stata, veramente, una piacevole sorpresa.
Non è semplice parlare della Verità…:)
Grazie
24 maggio 2017 @ 23:50
Ciao Cinzia,
grazie per il tuo commento e benvenuta.
Sono d’accordo con te, ma, nonostante la difficoltà dell’impresa, ogni tanto mi ritrovo a seguire il desiderio di condividere quello che sto comprendendo sulla Realtà, con la speranza che per qualcuno possa risultare di sostegno e di conforto quanto lo è stato per me.
Un abbraccio
25 maggio 2017 @ 10:56
Ciao Monica
grazie del gentile benvenuto.
Si capisco bene il desiderio di condividere, io stessa mi ritrovo in una situazione dove quello che ho compreso, è apparentemente impossibile, da comunicare alle persone che mi circondano…e qui, immagino, si apra, la meravigliosa sfida, che dura una “vita”
Come far incontrare quello che ho compreso…quello che realmente sono, nella quotidianità, nei rapporti, nuovi e soprattutto vecchi…
Devo dire che il Tutto ha un gran senso dell’umorismo…
Grazie ancora