Possiamo veramente scegliere?
Possiamo veramente scegliere? Possiamo davvero esercitare il “libero arbitrio”? Avere la possibilità di determinare il “corso degli eventi”? “Dirigere” la nostra vita? Essere gli “artefici del nostro destino”?
Proviamo a riflettere lucidamente e senza “preconcetti” su questo tema fondamentale della nostra esistenza, su cui abbiamo costruito convinzioni che ci sembrano a tal punto indubitabili da non metterle mai in discussione.
Vi invito a portare l’attenzione su un qualsiasi momento, recente o lontano nel tempo, in cui l’evidenza di avere avuto la possibilità di “scegliere” vi appare come indiscutibile: potrebbe essere un momento semplice e banale, per esempio la scelta del colore di una maglietta da acquistare, oppure riguardare una decisione più importante ed emotivamente coinvolgente, per esempio quella di continuare o meno gli studi universitari.
Se vi chiedessi: “da cosa è dipesa la vostra scelta?” oppure, con una formulazione diversa, “cosa vi ha portato a privilegiare una possibilità piuttosto che l’altra?”, i modi per esprimere la vostra risposta sarebbero sicuramente tanti e diversi fra loro, impossibile considerarli tutti, ma credo che, salvo eccezioni difficili da immaginare, ognuno di voi parlerebbe di come si è “sentito” nel momento della decisione: probabilmente descrivereste pensieri, convinzioni, idee apparse nella vostra mente in quel momento, raccontereste di emozioni, stati d’animo, sentimenti provati, oppure potreste ricordare un’influenza “esterna” risultata importante nel guidare la vostra scelta, per esempio il consiglio di un amico, una lettura, una pubblicità, etc. In ogni caso, interrogandovi sui motivi che vi hanno spinto a muovervi in una direzione piuttosto che in un’altra, quasi certamente giungereste a descrivere lo stato d’animo vissuto al momento della decisione, la condizione interiore che in quel frangente vi abitava, le emozioni provate, i pensieri che hanno attraversato la vostra mente, le sensazioni sperimentate, in altre parole l’intera esperienza vissuta in quella circostanza, comprensiva delle influenze derivanti dal “cosiddetto” mondo esterno.
Questa riflessione diventa importante se, nel considerarla, ci si può contemporaneamente rendere conto che, diversamente dalle convinzioni costruite nel corso della vita e continuamente rafforzate culturalmente, ognuno di noi è privo della possibilità di determinare qualità e contenuto dei propri pensieri, delle emozioni legate ad essi e alle circostanze esterne, delle sensazioni che vengono sperimentate di momento in momento: in altre parole, sarebbe di grande importanza rendersi conto una volta per tutte, di NON ESSERE i creatori dei propri pensieri, delle proprie emozioni, delle proprie sensazioni; accorgersi di questa realtà evidente, eppure incomprensibilmente distorta, modificherebbe definitivamente una delle convinzioni che stanno alla base della nostra interpretazione del mondo e che, se osservata coerentemente, si rivela del tutto illusoria: se davvero fossimo, come crediamo, i “creatori” dei nostri pensieri, delle nostre emozioni, delle nostre sensazioni, cosa ci impedirebbe di modificare i pensieri disturbanti che occupano la nostra mente, sostituendoli con pensieri felici? di eliminare le emozioni spiacevoli per rimpiazzarle con altre gradevoli? di cancellare sensazioni fastidiose per provarne altre più amabili?
Se riuscissimo a riflettere “lucidamente” sulla nostra esperienza, ad osservarla liberandoci da falsi presupposti, ci renderemmo conto che il nostro comportamento, la scelta di un’azione al posto di un’altra, dipendono esclusivamente dal “vissuto” sperimentato nel momento della decisione, dal nostro stato interiore, dall’insieme, cioè, dei pensieri presenti nella nostra mente, uniti alle emozioni che in quel momento ci abitano, mischiati alle influenze esterne che ci possono colpire; in breve, a ciò che in quel momento sta accadendo dentro e fuori di noi, su cui, come sto cercando di mettere in evidenza, non abbiamo una “reale” possibilità di scelta.
E se non possiamo scegliere i pensieri che arrivano alla nostra mente, le emozioni e gli stati d’animo che ci abitano di momento in momento, le sensazioni che proviamo, né, tanto meno, le influenze che ci colpiscono dall’esterno, come possiamo affermare di poter “scegliere” il comportamento che ne è, evidentemente, una diretta conseguenza? Come si può definire “volontaria” o “libera” una scelta determinata da “fattori” che non si possono decidere, controllare, modificare?
Mi rendo conto che può risultare arduo riconoscere e soprattutto “ammettere” di non essere in possesso della possibilità di scegliere; gli innumerevoli momenti della nostra esperienza quotidiana in cui siamo chiamati a “decidere” il corso delle nostre azioni, in cui “scegliamo” di comportarci in un modo anziché in un altro, o in cui rimaniamo in uno stato di “indecisione” che quasi sempre troviamo scomodo e spiacevole, sembrano innegabili. L’importante riflessione che vi invito a compiere riguarda proprio tali momenti e risponde alla domanda: “cosa accade veramente nel momento in cui prendo una decisione?”, “quella che sembra con tutta evidenza una mia “libera scelta” è effettivamente tale?”
Quanto scritto fin qui ha l’obiettivo di facilitare la presa di coscienza che i pensieri, le emozioni, le sensazioni, gli eventi che ci conducono verso una decisione, o che, al contrario, non ci permettono di compierla, non sono mai sotto il “nostro controllo”, non possono essere da noi determinati o modificati secondo la nostra “volontà”; i pensieri che appaiono nella nostra mente, le emozioni che ci abitano, le sensazioni che sperimentiamo, cambiano e si trasformano continuamente in base ad una moltitudine di fattori che certamente ci riguardano, per così dire, molto da vicino (comprendiamo qualcosa che fino ad un attimo prima non ci era chiaro, proviamo un’emozione in seguito a qualcosa che ci viene detto, a un incontro che facciamo o ad un pensiero che ha attraversato la nostra mente, leggiamo qualcosa che ci colpisce, ascoltiamo parole che ci portano ad una riflessione, etc.), ma in nessun caso possono essere da noi scelti, modificati, cancellati. Non possiamo “scegliere” il pensiero che apparirà fra un momento nella nostra mente, anche se apparentemente ci sembra di poterlo fare (se, per esempio, in questo momento qualcuno di voi, per confutare la mia affermazione, decidesse di pensare “volontariamente” il “colore blu”, lo farebbe, evidentemente, in seguito ad uno “stimolo/pensiero” che è arrivato dall’esterno, quindi sicuramente non scelto “volontariamente”, ma la stesso tipo di consequenzialità “obbligata” si verificherebbe se lo stimolo/pensiero fosse arrivato dall’interno, senza essere stato suggerito da qualcuno o da qualcosa di esterno come in questo caso, magari sotto forma del pensiero “ora deciderò di pensare volontariamente qualcosa”; in questo caso, sarebbe necessario indagare l’origine di quest’ultimo pensiero, che, evidentemente, rappresenta la “causa” del successivo pensiero “colore blu”, per arrivare a rendersi conto della sua completa involontarietà. I pensieri sorgono nella nostra mente in modo involontario ed estraneo al nostro controllo, un po’ come le bollicine salgono alla superficie di un bicchiere di champagne… Sarebbe sufficiente un’osservazione libera da “preconcetti” per rendersene conto), né possiamo provare un sentimento di sicurezza se, attualmente, viviamo uno spiacevole stato d’insicurezza. Non abbiamo questo potere. Tutto può evidentemente cambiare di momento in momento e uno stato di disistima può certamente trasformarsi in uno di maggiore fiducia e sicurezza di sé in seguito ad una varietà di fattori interni ed esterni (incontri, comprensioni, letture, sogni, l’elenco di esperienze potrebbe essere lunghissimo); ma rimane inconfutabile che il cambiamento non accadrà quando e perché lo vogliamo. Basterebbe che ognuno di noi si riferisse senza “pregiudizi” alla propria quotidiana esperienza per averne conferma. Potrebbe essere arrivato il momento di iniziare a farlo…
Questa esplorazione, come tutte quelle che vi invito a compiere in questo blog, ha lo scopo di dissolvere i falsi preconcetti su cui abbiamo costruito il nostro senso d’identità, le convinzioni sulla nostra realtà. Distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è, ci consentirà di “ricordare” la nostra Vera Natura, per ritrovarci finalmente in quel luogo familiare, pieno di pace e di bellezza, di cui siamo alla ricerca e che potremo finalmente accorgerci di non avere mai lasciato.
Moksha
Sophia
17 aprile 2015 @ 13:45
Ciao Moksha
Ho trovato per caso il tuo bel log, dove scrivi cose particolarmente interessanti.
In questo momento avrei bisogno di confrontarmi con te perché sono ad un punto di svolta del mio percorso.
Ti racconto…
Sono anni che mi occupo di astrologia, è una grande passione. Studiando i temi natali e la vita delle persone a cui corrispondono, non si può non riconoscere un incredibile analogia tra i contenuti psicologici rappresentati dai simboli dei pianeti e le esperienze di vita. In quel cerchio c’è la totalità che “siamo”, c’è ciò in cui ci identifichiamo e che riconduciamo a IO e mio e ciò che non riconosciamo come “nostro “ e lo viviamo come qualcosa di estraneo, che ci capita, che subiamo, e che in qualche modo, rifiutiamo.
In sostanza è stato inevitabile per me riconoscere, in questa interezza che vedevo, che Tutto è Uno.
Solo per caso, pochi giorni fa, mi sono imbattuta in questa frase “se tutto è uno come potrebbe esserci un individualità separata ?”
E, ooohhhpppps, cavolo, è ovvio, mi sono detta, come potrebbe esserci un individualità separata ??? Ma io non c’ero mai arrivata a questa conclusione anche se, ora posso dirlo, sono anni che ci giro intorno.
Ti posso dire che ritengo di aver fatto una sorta di percorso, perché all’inizio, ritenevo l’astrologia non solo un mezzo di conoscenza di se stessi, ma anche uno strumento di CAMBIAMENTO.
Su questo punto c’è stato dentro di me un vero è proprio travaglio perché da una parte io volevo credere con tutta me stessa che fosse possibile fare un “lavoro” dentro di sé per trasformare gli aspetti “negativi”, ma c’era un “tarlo” che continuava ad insinuare il dubbio.
Un tarlo che non ha MAI smesso di sussurrarmi che mi stavo illudendo, che stavo guardando dalla parte sbagliata e soprattutto che vedevo ciò che volevo vedere è non la realtà.
Anche perché ciò che di fatto l’astrologia MI MOSTRAVA andava in contraddizione con ciò che io sostenevo.
Se Tutto è Uno, dove può essere ricondotta la scelta individuale di andare in una direzione diversa rispetto a questa totalità ?
Probabilmente quando ho letto quella frase che ho riportato, deve essere stata solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso stracolmo. E tutto mi è parso più chiaro.
L’individualità separata, non esiste.
Certo è che è destabilizzante. Se non c’è individualità, non c’è reale colpa personale perché ciò in cui ci identifichiamo è una forma ma la nostra reale natura è Tutto.
Pazzesco e meraviglioso allo stesso tempo.
Credo che non potrò più perdere questa consapevolezza, ma trovo tutto ancora piuttosto sconcertante.
Un caro saluto
Sophia
Moksha
17 aprile 2015 @ 22:38
Cara Sophia,
grazie per il tuo intenso e lucido commento.
Tocchi un punto essenziale nella realizzazione della vera natura della Realtà, forse il “nodo” più difficile da sciogliere, quello che a volte può essere compreso intellettualmente, ma che richiede spesso un tempo più lungo per essere realmente “sperimentato”: l’illusorietà di un sé personale, dotato di libero arbitrio, separato e diverso nella sua essenza dagli altri sé personali e dal mondo.
Tutto è Uno, significa effettivamente che tutto ciò che (apparentemente) esiste è una “modulazione” di quell’Uno, esattamente come tutti gli oggetti, le persone, i pensieri, le situazioni, che appaiono nel sogno notturno non sono altro che diverse apparenze nella coscienza del sognatore, fatte della coscienza del sognatore.
Il corpo/mente con cui ci identifichiamo e che riteniamo essere la nostra realtà, è soltanto una delle forme possibili che l’Uno (potrebbe essere nominato in tanti modi, Essere, Assoluto, Essenza, Coscienza, Dio, Energia, Sorgente, ma i nomi servono solo ad indicarlo, non certo a definirlo) assume di momento in momento e a cui la mente (anch’essa forma fra le forme) attribuisce caratteristiche di solidità, continuità, consistenza, realtà.
La continuità che sperimentiamo e con la quale ci identifichiamo come potrebbe appartenere a forme in continuo cambiamento, che appaiono e scompaiono, quali i pensieri, le emozioni, le sensazioni, le percezioni?
La continuità che sperimentiamo appartiene all’unica realtà sempre presente e cosciente nella nostra esperienza, che non è mai cambiata, né mai cambierà, che conosce tutto, in cui tutto appare e che è sostanza di tutto.
Ramesh Balsekar, luminoso insegnante di Non Dualità indiano scomparso qualche anno fa, paragona le entità corpo/mente a “strumenti” attraverso cui la Coscienza porta avanti il suo “gioco” o “sogno”, ognuno “programmato” per produrre l’azione che serve alla continuazione del gioco.
La tua amata astrologia, da cui anch’io mi sono sempre sentita attratta e che per un lungo periodo ho studiato con interesse, può probabilmente permettere una decodificazione della programmazione degli “strumenti”.
Ma ora che un lampo di comprensione ha squarciato il velo dell’ignoranza, non potrai più perdere in modo definitivo il riconoscimento che “TU” sei la Coscienza che si manifesta attraverso le varie forme, invece che, come hai sempre creduto, una forma personale, separata e limitata.
Grazie ancora per il tuo prezioso contributo Sophia, spero che questa risposta e gli altri articoli del blog possano essere utili alla tua riflessione e a questo importante momento di “svolta”, come lo hai definito, e mi auguro che il nostro dialogo possa continuare.
Un caro saluto
Sophia
19 aprile 2015 @ 8:03
Grazie Moksha,
quindi la coscienza è un ininterrotto fluire che l’ego si illude di gestire, controllare, capire, fermare, trasformare, cambiare. In realtà, noi siamo quel fluire, ne più, ne meno.
Certo che è una rivoluzione interiore vera e propria e immagino che, come dici tu, quella che è ora una presa di coscienza “mentale” dovrà poi diventare un esperienza più profonda e completa.
a presto
Sophia
Moksha
19 aprile 2015 @ 13:57
Cara Sophia,
la vera illusione è che l’ego sia reale, che esista “qualcosa” che “possiede” una coscienza (un essere umano per esempio) e qualcosa che non la possiede (per esempio una pietra). La Realtà è che tutto ciò che appare è Coscienza, una sua “forma”, una sua “vibrazione”, da essa mai “separato” (non due), mai diverso, mai “altro”.
Non è facile trovare le parole che descrivano l’indescrivibile, quindi capisco che l’immagine del “flusso” possa corrispondere all’esperienza che il sé separato fa della vita, ma in realtà non c’è nulla che “fluisce”, la Coscienza non si muove da un punto ad un altro, non si sposta, non cambia stato, piuttosto si manifesta nell’eterno presente, nell’infinito qui, non essendo mai altro da se stessa.
Chissà se queste parole riescono a offrirti utili indicazioni o fanno sorgere ulteriori domande.
Se così fosse non esitare a porle, le domande sono sempre benvenute, anzi sono il vero motivo per cui esiste questo blog. La Coscienza chiede e la Coscienza risponde, assistere a questo dialogo è sempre meraviglioso.
Grazie
un abbraccio
Jane
20 settembre 2015 @ 23:50
Siiiii. Sono anche io a questo punto 😉
luca
17 marzo 2017 @ 11:30
Ci sei ci sei…..se hai voglia scrivimi nella mail…. magari un giorno c incontreremo….. ho letto alcuno tuoi articoli specie quelli sui sogni….e sono le stesse conclusioni a cui ero giunto….ma c’è ancora di più forse…peccato che ogni giorno cerchino di distruggercelo…
luca
17 marzo 2017 @ 11:32
E volevo farti sapere che sei su un binario comune con altri. …quindi la tua è effettivamente una realtà!
Monica
18 marzo 2017 @ 0:16
Ciao Luca,
grazie per il tuo commento. Se vorrai condividere qualcosa di più di te, della tua esperienza e della tua comprensione mi farà molto piacere ascoltarti per percepire il senso di affinità e comunanza di cui mi parli.
Un caro saluto