Siamo la nostra mente?
Proviamo a considerare l’identificazione che operiamo con la nostra mente e la convinzione di essere i creatori dei nostri pensieri.
L’esplorazione di questo tema è di estrema importanza per riconoscere una delle false convinzioni che condizionano la nostra visione sulla realtà e che rappresenta il fondamento dello stato d’ignoranza in cui dimoriamo senza esserne consapevoli.
Cominciamo la nostra analisi con alcune evidenze.
La prima: se davvero avessimo il potere creativo sui nostri pensieri, se potessimo “costruirli” secondo la nostra volontà, o modificarli a nostro piacimento, perché ci ritroveremmo con la mente occupata da “brutti” pensieri, perché dovrebbe risultare impossibile eliminarli o cambiarli?
Seconda evidenza: i pensieri (e le emozioni ad essi legate) sono in continuo cambiamento. Neppure chi soffre di “ossessioni” potrebbe affermare che i suoi pensieri, per quanto a volte incredibilmente persistenti, rimangano a lungo gli stessi e non si susseguano, invece, diversificandosi e differenziandosi l’uno dall’altro, spesso senza seguire un percorso lineare e conseguente; provate, per esempio, a considerare quante volte accade di essere impegnati in un’attività qualsiasi e di veder sorgere nella nostra mente un pensiero del tutto estraneo a ciò che stiamo facendo.
Da queste evidenze, dovrebbe derivare, in modo diretto ed indubitabile, la consapevolezza di non essere padroni dei nostri pensieri e, forse ancora più importante, il riconoscimento dell’errore che compiamo quando, in modo pressoché automatico, ci identifichiamo con essi.
Riflettiamo attentamente su questo fatto: se ciò che siamo coincidesse con la nostra mente (nelle mie considerazioni, mente e pensieri sono sinonimi), se fossimo “uno con i pensieri” che sorgono in noi, semplicemente non saremmo in grado di vederli, non potremmo renderci conto del loro susseguirsi, non potrebbe essere presente in noi “qualcosa”che, proprio perché diverso e non coincidente con essi, li può osservare nella loro diversità, nella loro successione.
“Deve esserci qualcosa di continuo per registrare la discontinuità” (Nisargadatta Maharaj, “Io sono quello”, Ubaldini Editore, 2001, pag.236)
Proviamo a portate l’attenzione, proprio qui, proprio ora, a ciò che è consapevole dei pensieri e delle emozioni ad essi legate, a quel “qualcosa” che riconosce e può descrivere ciò che pensiamo e proviamo; facendolo, dirigendo la nostra attenzione verso “l’interno“, verso quella consapevolezza, potremmo renderci conto che quel “qualcosa” che riconosce i pensieri, prova le emozioni, percepisce le sensazioni, non se ne va quando un pensiero passa, un’emozione cambia, una sensazione finisce, ma rimane presente, esistente, immutabile, a rendersi conto di ciò che continuamente si trasforma.
Anche se la mente vorrebbe poterlo “afferrare”, comprenderlo secondo la sua unica modalità di conoscenza, non riuscirà a farlo: non riuscirà a descriverlo in modo definito, non scoprirà delle sue caratteristiche precise, non lo riconoscerà come “oggetto” limitato e concreto.
In quel “qualcosa”, non riusciremo a individuare confini, barriere, separazioni.
Per “entrarci in contatto”, per riconoscerlo, non ci si può limitare a leggere queste righe, è necessario “sperimentare”, “osservare”, usare la mente come strumento di conoscenza, in grado di arrivare fino ai suoi stessi limiti, per rendersi conto, infine, di doversi “arrendere” di fronte a Ciò che siamo, alla nostra Essenza, che supera i confini della mente e ne è sorgente.
La nostra Vera Natura, non possedendo i limiti della mente, non può essere totalmente compresa da essa; la mente continuerà a provarci, ma prima o poi dovrà arrendersi al semplice ed evidente “essere” della nostra realtà (che scopriremo identica a quella del tutto).
Quel “qualcosa” su cui stiamo portando l’attenzione, che stiamo definendo la nostra Vera Natura, che è consapevole di tutto ciò che accade (pensieri, emozioni, sensazioni, eventi), rappresenta la nostra più grande certezza, ciò di cui non potremo mai dubitare.
Un altro modo semplice ed immediato per riconoscerlo viene dal rispondere alla domanda: “Tu esisti”?
Prova a rispondere ora.
Fatto?
Non esistono risposte ” giuste o sbagliate”, ce n’è una sola possibile, ed è “sì, io esisto”
Cosa potrebbe esserci di più certo del “sì” che è sorto in te come risposta a questa domanda?
Ed ora rifletti: da dove derivi tale certezza?
Chieditelo ed esplora per trovare la tua risposta.
Non è forse vero che il “sì” con cui hai risposto alla domanda, non arriva dalla “mente”, non deriva dai ricordi, non attinge a qualcosa di conosciuto, di già definito (non lo deduci dal sapere, per esempio, di essere un uomo, una donna, un padre, una madre, un figlio, una sorella, un bianco, un nero, un italiano, un arabo, un medico, un operaio, un corpo, un agglomerato di cellule, o simili…), ma nasce dal contatto con quel senso di esistenza, quel senso di “esserci”, di essere vivi, di essere presenti, che ognuno di noi sperimenta con assoluta certezza, ma su cui difficilmente dirige l’attenzione (a meno che qualcuno o qualcosa non lo inviti a farlo, per esempio chiedendogli “esisti?”)
Entrando in contatto con questo “senso di esistenza”, oltre a viverne la certezza, potremo senz’altro parlarne (anche se abbiamo ormai capito che le parole, come la mente, non riescono a darne una descrizione completa, non riescono ad “afferrarlo” totalmente), come di qualcosa che è “sempre presente”, “immutabile”, “sempre uguale”.
Tutto cambia e si muove fuori e dentro di noi; niente che appartenga al flusso della vita in cui siamo immersi rimane uguale: cambiano i pensieri, cambiano le emozioni, cambiano le percezioni, ma c’è qualcosa in noi che non cambia mai, che non si muove con il tutto, qualcosa che è sempre presente, vivo, fermo, immutabile, qualcosa che riguarda direttamente la nostra esistenza, il senso di essere vivi e presenti, che non coincide né con i nostri pensieri, né con le nostre emozioni, né con le nostre sensazioni, ma che ne è consapevole e li riconosce nel loro continuo cambiamento.
Qualcosa che ci permette di affermare senza alcun dubbio: “io sono”. E non “io sono questo, io sono quello…”, ma semplicemente “sono”.
Succede che, anche se può apparire incredibile e paradossale, ci dimentichiamo di entrare in contatto con questo senso di esistenza, lo diamo per scontato, non ce ne ricordiamo, non lo riconosciamo come Ciò che siamo, come la nostra Realtà, ma trascorriamo la vita identificandoci e lasciandoci coinvolgere da ciò che non siamo essenzialmente.
La mente è uno strumento importante e necessario per vivere la vita; il suo aspetto “operativo” è prezioso ed indispensabile; l’errore che compiamo identificandoci con lo strumento in nostro possesso, ne ostacola, fra l’altro, il funzionamento ottimale. Avremo sicuramente modo di riparlare della fondamentale differenza tra mente “operativa” e mente “razionale”, nella chiara distinzione che ce ne ha offerto il Saggio della Non-Dualità Ramesh Balsekar.
Per ora fermiamoci qua, iniziamo ad esplorare la nostra esperienza, per distinguere il falso come falso e ritrovarci nella Verità del nostro Essere.
Forse per la prima volta da quando, tanti anni fa, è iniziata la mia ricerca, sono arrivata a comprendere in modo completo e corrispondente, il monito che il Maestro spirituale G.I. Gurdjieff metteva al centro del suo insegnamento: “ricordati di te”.
Ricordarci di noi, anche attraverso il riconoscimento delle nostre false identificazioni, ci consentirà di squarciare, in modo improvviso o, più spesso, graduale, i veli dell’ignoranza, per riconoscere, finalmente e definitivamente, Ciò che siamo e siamo sempre stati, la Realtà che condividiamo con tutto ciò che è, il cui “oblio” ci procura tanta sofferenza ed il cui ritrovato contatto ci consentirà la dissoluzione del sé personale e limitato con cui ci identifichiamo e la pacificante scoperta della nostra vera, luminosa, infinita ed eterna essenza.
Moksha
Cinzia
21 maggio 2014 @ 15:28
Ciò che e’ scritto in questo testo e’ a mio parere acqua che scorre nei fiumi dell’infinito…come potrei desiderare qualcos’altro? Leggendo e rileggendo queste parole, magnificamente messe in un ordine così comprensibile, rimango stupita di tanta straordinaria luce che emana la grandezza della natura, che costantemente ci avvolge. Una cosa però mi salta in “mente”, che proverei ad esprimere con semplici parole, e forse potrei provare a farla risultare una domanda…Se fossimo liberi dalla nostra mente, potremmo avere la stessa consapevolezza di esistere? In ogni istante sento la necessità di ascoltare il cuore, che per me e’ sinonimo di sorgente, ma come posso contemplarlo lasciando da parte i pensieri?
Moksha
21 maggio 2014 @ 20:48
Cara Cinzia,
grazie per le tue parole di apprezzamento e sostegno,
e grazie per la tua importante domanda,per lungo tempo, ha rappresentato anche per me un fondamentale “nodo” da sciogliere.
Provo ad aiutarti iniziando con il dire che è soltanto la mente che non riesce a “vedere” oltre se stessa.
Tu, io, tutto ciò che esiste è Consapevolezza; in questa nostra Essenza illimitata appaiono gli oggetti limitati, quelli che vedi come esterni a te, ma anche quelli con i quali ti identifichi: persone, alberi, pietre, ma anche pensieri, emozioni, sensazioni, che, prima o poi potrai riconoscerlo, sono oggetti come gli altri.
La mente, i pensieri (io li intendo come sinonimi) appaiono nella Consapevolezza come tutto quello che appartiene a questa “manifestazione” che chiamiamo vita; tu stessa, come entità corpo/mente, appari come oggetto limitato nell’infinita Coscienza (che sei sempre TU, ma in questo caso in modo “essenziale”). In un certo senso, quindi, noi siamo SEMPRE liberi dalla nostra mente, perché ciò che siamo è il sottofondo eterno, illimitato, infinito, in cui essa si manifesta; Ciò che siamo lo siamo da sempre e per sempre, senza inizio né fine; riconoscendo e dimorando nella nostra Essenza possiamo essere testimoni dell’apparizione di oggetti, di forme (fra queste anche la mente), che potrebbero essere descritti come una “vibrazione” dell’Essenza, proprio come tutti gli elementi di un sogno potrebbero essere definiti una “vibrazione” della coscienza del sognatore.
Soltanto la mente non può vedere oltre se stessa, ma tu SEI quella Consapevolezza che è oltre la mente, e lo sei SEMPRE, anche qui, in questo momento. Il problema si presenta soltanto quando la mente cerca “un’esperienza di conoscenza” al di là di se stessa, secondo schemi e modi che, invece, sono gli unici che può usare: la mente può comprendere solo ciò che rientra nel suo campo di esperienza, ciò che è limitato, con caratteristiche “oggettive”; nella mente sorgono pensieri che hanno queste caratteristiche, appartengono a questa manifestazione, non possono “superarla”; la mente non può “vedere” in modo diverso dal “suo” modo di vedere.
Noi però SIAMO Ciò che è oltre la mente, Ciò che è consapevole dei pensieri, Ciò che è eternamente presente e, della mente, non condivide i limiti e le caratteristiche; noi SIAMO Consapevolezza, ma, anche se la mente cerca di farlo fino alla sua “resa”, non “vedremo” quella Consapevolezza attraverso la mente.
Non provare a lasciare da parte i pensieri Cinzia, è uno sforzo inutile: finché la mente sarà attiva penserà, non può fare altro, e va benissimo che lo faccia; osserva i pensieri che si presentano e dirigi la tua attenzione verso Ciò che è consapevole dei pensieri, delle emozioni, delle sensazioni, di tutto quello che accade: tu SEI quella Consapevolezza, e la mente, prima o poi, si “arrenderà” e si “dissolverà” in essa.
Non puoi “forzare” il processo, devi solo continuare ad osservare, perché in questa osservazione ti ritrovi nella tua Essenza, che è pura Consapevolezza.
claudia
21 maggio 2014 @ 17:22
Perché abbiamo pensieri negativi?..perché le cose che ci capitano vanno male?..perché succede sempre a noi?….le cose possono andare bene anzi meglio se cominciassimo a pensare positivo, se anziché pensare o parlare con delle negazioni usassimo delle affermazioni saremmo capaci di cambiare gli eventi…e persino i nostri peggiori pensieri che ci inseguono, che ci torturano, che spesso si ripresentano inaspettati e indesiderati. Ognuno di noi è il creatore dei propri pensieri. L’inconscio stesso è una nostra creazione o meglio una nostra manipolazione. E come lo facciamo in negativo lo pissiamo fare in positivo. Non diciamo più al nostro inconscio “non posso ” o ” non riesco” perché il nostro inconscio lo farà. Iniziamo a dire “io posso”, “io voglio”..e la nostra vita cambierà. Cambierà il nostro essere, la nostra essenza..forse inizieremo a renderci conto che oltre ad essere una donna, un uomo, un lavoratore, un figlio o un genitore……forse inizieremo a renderci conto che SIAMO!..e la mattina appena svegli, la sera prima di addirmentarci..ogni giorno, ogni ora, ogni ISTANTE prenderemo coscienza della nostra essenza cioè che noi siamo!
Moksha
21 maggio 2014 @ 20:53
Cara Claudia,
innanzitutto benvenuta!
Ho letto con attenzione le tue parole e vorrei partire da ciò che condivido completamente: noi SIAMO.
Partendo da questa certezza, da questo indubitabile senso di esistenza che ci appartiene in modo essenziale, sarebbe importante provare a chiedersi “chi” o forse ancor meglio “cosa siamo”?
L’idea di scrivere questi “articoli” nasce da qui, dal desiderio di condividere ciò che ho “trovato” rispondendo a questa domanda, guidata da un messaggio, quello della Non Dualità, che mi ha condotta ad una comprensione e ad un vissuto di serenità mai sperimentato prima.
Fatta questa premessa, vorrei arrivare a ciò che esprimi nel tuo commento e che “vediamo” in modi differenti.
Con le tue parole affermi proprio ciò che io ho indicato e cercato di mostrare come una “falsa” convinzione che possediamo, in cui siamo cresciuti e che rappresenta forse la nostra più forte identificazione, quella con la nostra mente; dici “ognuno di noi è il creatore dei propri pensieri” e sembri convinta che “sforzandoci” di “pensare positivamente”, saremo in grado di trasformare la nostra vita, facendovi accadere ciò che desideriamo accada.
Il mio augurio è che tu possa accorgerti presto della “falsità” di questa costruzione, perché nella mia esperienza risulta essere la fonte di tanta sofferenza psicologica: se crediamo di essere i creatori dei nostri pensieri e, di conseguenza, degli avvenimenti che ad essi sono legati, ogni volta che nella nostra mente appariranno pensieri “negativi” o “disturbanti”, sarà inevitabile sentirci, a qualche livello, conscio o inconscio che sia, “colpevoli” o “inadeguati” o “incapaci” (gli aggettivi possono essere diversi, ma tutti indicano lo stesso vissuto). Ed, in effetti, questo è proprio ciò che avviene nelle vite della maggior parte di noi.
Prima o poi sarà fondamentale, almeno lo è stato per me, rendersi conto che i pensieri non sono poi così importanti, che in qualsiasi modo si formino, sono solo e soltanto pensieri, ben diversi dai “fatti”, da ciò che accade e, soprattutto, ben diversi da Ciò che li riconosce come tali, che ne è consapevole, che li può osservare nel loro susseguirsi, nelle loro varie forme, senza lasciarsene coinvolgere, ben diversi da Ciò che SIAMO.
La nostra Essenza, Ciò che noi Siamo, è quella Consapevolezza, è quel sottofondo di Essere da cui tutto nasce, in cui tutto accade, anche i pensieri; ritrovandoci in questa comprensione, riconoscendo la nostra Vera Natura, vedendo che NON SIAMO la nostra mente, accadrà che i pensieri negativi perderanno forza ed intensità, si formeranno molto più raramente, la nostra mente si “placherà” ed in essa sorgeranno pensieri di natura diversa. Questo accadrà. E non attraverso un atto di volontà, ma attraverso il riconoscimento di Ciò che siamo e che abbiamo sempre “scambiato” per qualcos’altro.
Lontana da me l’intenzione di convincerti di qualcosa cara Claudia, parlo soltanto di quello che mi ha fatto tanto bene, che mi “appassiona” e che mi piace condividere con gli altri, nella speranza che a qualcuno possa fare altrettanto bene.
claudia
26 maggio 2014 @ 23:27
Ti ringrazio x il commento mi ha volpito molto. Volevo farti un’ altra domanda, a cui se vuoi potrai rispondere quando puoi…hai sentito parlare di “matrice”..sai quslvida a proposito? ..grazie
Moksha
27 maggio 2014 @ 9:52
Grazie a te Claudia,
sapere che quello che condivido può rappresentare per qualcuno uno stimolo ad esplorare la propria esperienza per riconoscere la falsità di alcuni presupposti su cui basiamo la nostra comprensione e costruzione della realtà, mi conforta e mi stimola a continuare. Purtroppo non ho conoscenze in merito alla domanda che mi poni, per me “matrice” è solo un concetto matematico che si perde nei ricordi della mia formazione liceale e che neppure saprei definire.
Grazie per i tuoi contributi, passati, presenti e futuri
Un caro saluto